Il fenomeno del bullismo a scuola è un fenomeno, attualmente molto studiato.
Le prime ricerche sull'argomento sono state effettuate in Norvegia, dove, alla fine degli anni '70,alcuni bambini di età diversa, in situazioni totalmente indipendenti si suicidarono, lasciando alcuni biglietti in cui motivavano il proprio gesto con la sofferenza provocata da continui abusi e prepotenze da parte dei coetanei di scuola.
Il bullismo, che negli anni, partendo a questi primi episodi, è stato oggetto di numerosi studi, e purtroppo anche di numerosi fatti di cronaca, è un fenomeno complesso, che non si limita solamente a contesti scolastici (il mobbing, ad esempio nei contesti lavorativi è una particolare forma di bullismo) ma che nelle scuole trova il terreno più fertile.
Che definizione possiamo dare di questo fenomeno? Il bullismo può essere definito come un processo in cui una o più persone assumono intenzionalmente e ripetutamente un comportamento aggressivo nei confronti di una vittima, che è, di solito, più fragile sia emotivamente che psicologicamente. Appare dunque chiaro, che ad essere centrale in questo processo è un gruppo, un sistema, in cui ogni attore ha un ruolo preciso.
Pepler e Craig (1995) hanno infatti dimostrato, grazie all'osservazione di fenomeni di bullismo videoregistrati, come oltre al bullo e alla sua vittima, siano presenti nel “sistema dl bullo” anche uno svariato numero di ragazzi che ricoprono le seguenti funzioni: il difensore della vittima, il rinforzatore del bullo, lo spettatore e il non coinvolto.
All'interno di una singola classe, quindi ogni membro ha una posizione che concorre a mantenere inalterato il “sistema del bullo”.
Questo tipo di dinamica relazionale, può, inoltre, essere esercitata attraverso forme differenti, dirette o indirette. Per diretta si intende un tipo di prepotenza, fisica o verbale, in cui l'atto va a colpire frontalmente la vittima (botte, spinte, nomignoli, insulti, minacce, ecc...)
Per indirette, invece, si intendono tutte le forme di esclusione sociale ed emarginazione.
Le forme indirette di bullismo, ovviamente sono quelle più difficili da identificare, e, pertanto hanno contribuito a creare un fenomeno definito sommerso (Smith 19991; Rivers, Smith, 1994).
Tale fenomeno diviene accettato in quelle situazioni di gruppo in cui gerarchie di potere sono considerati normali, viene cioè accettato che ci sia un personaggio “debole “ che funga da parafulmine su cui si scatenano le tensioni dell'intero gruppo. Per questo motivo protagonisti del fenomeno sono spesso ragazzi portatori di una disabilità. Tuttavia essere un soggetto apparentemente debole non è prerogativa necessaria perchè si sviluppi tale fenomeno. Facilmente è possibile che, mutando il contesto nel quale il ragazzo vittima è immerso, si modifica anche il suo ruolo.
Ecco che , quindi, affinchè il fenomeno possa essere compreso e ci sia una possibilità di intervento, è necessario ragionare in un'ottica sistemico-relazionale, considerando il sistema nel quale il bullo agisce, piuttosto che le sue caratteristiche individuali.
Il “sistema del bullo”, affinchè rimanga tale, deve rimanere rigido, non devono cioè mutare i ruoli di nessuno: della vittima, dell'aggressore, ma soprattutto dei gregari e degli osservatori silenti.
Ma come si interviene di fronte a tale fenomeno? Perchè gli interventi vadano a buon fine, l'obiettivo deve essere necessariamente la qualità della relazione: curare l'empatia, la comunicazione, la capacità cooperativa del gruppo, la possibilità di esprimersi apertamente in un contesto che possa sostenere tanto la vittima quanto l'aggressore.
Un obiettivo fondamentale è quello di valorizzare differenze individuali, in una prospettiva di maggior tolleranza sociale e di una migliore convivenza all'interno della classe. Affinchè questo sia possibile, parte attiva del sistema diviene il docente, con funzione di facilitatore, formato alla sospensione del giudizio, alla comunicazione attiva, non-violenta alla cooperazione e al supporto.
Grazie all'attuazione di tali tecniche, il docente diviene promotore di una ridistribuzione dei ruoli, rompendo la rigidità del “sistema del bullo”, e creando un cambiamento in positivo che elimina il fenomeno.